lunedì 25 settembre 2017

RECENSIONE: Insieme siamo perfetti di Penelope Douglas


Buongiorno! Il tanto atteso Punk 57 è finalmente arrivato in Italia e, come quasi ogni libro di Penelope Douglas, ha già diviso i lettori. C'è chi lo ama alla follia e chi non riesce ad apprezzarlo fino in fondo, ma certo è che sta facendo parlare di sé. Arrivato da noi per Newton Compton con una cover e un titolo, Insieme siamo perfetti, decisamente fuorvianti rispetto al contenuto, questo young adult racconta la storia di due amici di penna, Misha e Ryen, ma lo fa intensamente, travolgendoci e controcorrente come solo la Douglas sa fare.
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In quinta elementare a ciascuno di noi venne assegnato un amico di penna tra i ragazzini di un’altra scuola. Mi chiamo Misha, e pensando che fossi una femmina, l’altro insegnante mi mise in coppia con una sua allieva, Ryen; la mia maestra, credendo che Ryen fosse un maschio come me, non obiettò. Dal primo momento in cui io e Ryen abbiamo iniziato a scriverci, abbiamo litigato su tutto. E le cose non sono cambiate in questi sette anni. Le sue lettere sono sempre scritte in inchiostro argento su carta nera. A volte ne arriva una alla settimana, altre volte tre nello stesso giorno, ma sento che ormai sono diventate una necessità per me. Lei è l’unica che mi aiuta a tenere la rotta, l’unica che mi accetta per come sono. Abbiamo solo tre regole fra di noi. Niente social media, niente numeri di telefono, niente foto. Fino a quando, in rete, sono incappato nella foto di una ragazza di nome Ryen, che ama la pizza di Gallo, e adora il suo iPhone. Quante possibilità c’erano che fosse lei? Accidenti! Dovevo incontrarla. Certo non potevo immaginare che avrei detestato ciò che stavo per scoprire.
Penelope Douglas è così, non è capace di scrivere un libro che lascia indifferenti. E lo fa sempre rischiando, facendo spesso scelte azzardate che vanno poi a decretare il successo, o l'insuccesso, del romanzo. Pensate un po' ai suoi personaggi quasi sempre da odiare o da amare nonostante tutti i difetti. Pensate al percorso che fanno prima di arrivare all'agognato lieto fine, a tutti gli sbagli che commettono, alle azioni discutibili. Punk 57 non è da meno, ma proprio per niente. Per me è stata fin da subito una lettura difficile, proprio per l'alto livello di coinvolgimento e per l'intensità con cui ho vissuto quello che leggevo. Mi sono ritrovata presto in lacrime, ho odiato, ho amato, ho sofferto e ho gioito. Mi sono chiesta spesso dove l'autrice volesse andare a parare e dove volesse portare la storia; a volte sono rimasta sorpresa, altre non ho capito alcuni atteggiamenti. Ma posso dire che alla fine tutto, o quasi, ha avuto il suo perché, il suo sviluppo e la sua spiegazione. Ho amato il romanticismo che sta alla base del rapporto tra Misha e Ryen, ma ho accettato anche tutte le imperfezioni che hanno reso la loro storia vera, difficile e spesso incomprensibile. Non dico che, secondo me, non ci siano difetti in questo libro, ma finiscono sicuramente in secondo piano rispetto al susseguirsi e al rincorrersi di emozioni che mi ha regalato. Comunque, per la cronaca, io sono tra quelle che hanno apprezzato molto anche Il mio sbaglio più grande (di cui trovate qui la recensione), nonostante la scena che, ancora oggi, fatico a comprendere (se lo avete letto, ci siamo capiti).

"Chiudi gli occhi. Non c'è niente da vedere qui fuori".
Ryen e Misha si conoscono da quando sono bambini, ma in realtà non si sono mai veramente conosciuti. La loro corrispondenza è nata per caso come compito a scuola, ma è continuata negli anni, da quando erano in quinta elementare a oggi che stanno per terminare l'ultimo anno di superiori. Erano uno il migliore amico dell'altra, parlavano di qualsiasi cosa, si supportavano a vicenda e, silenziosamente, un po' si amavano. Leggere le parole dell'altro era diventata una necessità, vedere una busta con una nuova lettera l'unico vero momento di felicità e poter contare nella presenza, anche se non vicina, dell'altro era una sicurezza. Vivevano anche poco distanti, ma nessuno dei due aveva mai osato avvicinarsi veramente. La loro amicizia era basata solo sulle lettere che si scambiavano, conoscevano a memoria la calligrafia dell'altro, ma non avevano idea di che voce o che aspetto potessero avere. Ma la loro relazione era talmente forte, vera e perfetta così che incontrarsi rappresentava un rischio troppo grande. E se non si fossero piaciuti? E se l'altro non fosse veramente come credevano? E se di persona non avessero ritrovato la stessa complicità? E se, modificando quello che avevano, avessero rovinato tutto? Meglio lasciare tutto così.
Quelle lettere sono tutto. Parlano di lei e di me, di due ragazzini che stanno cercando di capire se stessi e affrontano tutte le sofferenze tipiche di chi sta crescendo. Ma prima di tutto, sono ciò che mi ha fatto innamorare di lei e che mi ha fatto capire che ne avevo bisogno. 
Almeno fino a quando, sempre per caso, Misha si ritrova consapevolmente vicino a Ryen. Lui deve sapere, deve finalmente approfittare dell'occasione per conoscere la sua ragazza, la sua amica, per vederla, parlare con lei, comprendere che è tutto reale. Ma lui non si rivela, non dice di essere quello che da anni risponde alle sue lettere, quello che trae ispirazione da lei e dalle sue parole per comporre le sue canzoni. Poi, ancora una volta, è il destino, beffardo, a decidere per loro. La loro corrispondenza cessa di esistere dall'oggi al domani, diventa univoca, le lettere rimangono senza risposta... perché? Cosa è successo? Ed è qui che anche noi lettori ci troviamo completamente spaesati. Ci eravamo fatti un'idea dei protagonisti, che però non rispecchia la realtà. Addirittura è un po' una delusione scoprirli e conoscerli realmente, ci chiediamo se li avessimo giudicati male noi o se questi non siano i veri Misha e Ryen. Perché di Misha ci eravamo innamorate tutte all'istante, così tenero, dolce, quasi impacciato e chiuso nel suo mondo fatto di musica e parole, fatto di Ryen. E per lei avevamo provato solo simpatia e tenerezza. Ma la realtà è una doccia fredda perché sono ben lontani dall'essere perfetti. E, a discapito del titolo, non lo sono nemmeno insieme. 
Proprio quando penso di non riuscire più a sostenerla e di potermene andare senza guardarmi indietro, mi volto di nuovo per assicurarmi che niente la faccia soffrire. 
Il personaggio di Misha è quello che, nonostante tutto, forse comprendiamo un po' di più. Il lettore sa cosa è successo e perché ora lo vediamo così, anche se molti nodi vengono al pettine solo verso la fine e prima possiamo semplicemente fare supposizioni. Con questo non voglio dire che lo dobbiamo o possiamo giustificare in tutto quello che fa, anzi, ma forse il dolore ci avvicina un po' di più a lui. Con Ryen, invece, è un vero rapporto di amore/odio. Un po' è la ragazza preoccupata perché non ha più notizie del suo amico, ma comunque determinata a non arrendersi con lui, un po' è la ragazza odiosa e superficiale che a scuola si circonda di amicizie false e colpisce chi è più debole di lei. Un po' è la bambina che ha sofferto per la cattiveria dei compagni e ha trovato il suo modo di proteggersi e un po' è la ragazza cattiva o indifferente che, per non rivivere il passato, getta il dolore addosso agli altri. Utilizzare un personaggio del genere come protagonista è sicuramente una mossa azzardata, ma la Douglas ci mostra anche tutta la sua evoluzione, nel bene e nel male, scava in profondità e, alla fine, riesce anche a farcela apprezzare più della classica brava ragazza. 
"Non lascerò che ti accada niente. Sei la mia tribù, Ryen". 
Per me, quindi, questa protagonista femminile dalle mille sfaccettature e completamente fuori dagli schemi è, in realtà, un punto di forza e non una debolezza del romanzo. Grazie a lei in particolare, questo romanzo ha un fortissimo messaggio da lanciare e può insegnare molto. Si parla di bullismo, di violenza fisica e psicologica, di solitudine, di isolamento, di desiderio di accettazione e di cattiveria fine a se stessa. E lo si fa attraverso un personaggio che è sia vittima che carnefice, ma che ne esce. Perché un gesto buono può anche non cancellarne uno cattivo, ma può aiutare a fare la differenza. Insieme siamo perfetti, secondo me, ha quindi anche il potere di far riflettere, può diventare un esempio, anche se lo fa in maniera più "cruda", reale e anticonvenzionale. E potrebbe esserlo soprattutto per i ragazzi più giovani, per chi può facilmente rispecchiarsi in questa lettura, vista l'età dei protagonisti. Ma purtroppo, e secondo me è davvero un peccato, non è un libro che consiglierei ad un pubblico giovane, ma decisamente ad uno più maturo. E questo perché ci sono scene un po' troppo "forti", gesti che, al fine della storia, potevano anche essere evitati. Così come ho trovato un po' eccessive le scene di sesso e quelle più spinte. Non fraintendetemi, sono scritte benissimo, ma non le ho viste indispensabili in certi contesti. Dico solo che, a volte, less is more
"Non devi avere paura o sentirti in imbarazzo. Nessuno può essere te meglio di te, sei insostituibile. Magari non tutti se ne renderanno conto, ma l'importante è che te ne renda conto tu".
In ogni caso è un libro che, ad un pubblico adatto, consiglio davvero tanto. Ho omesso volutamente diversi particolari in questa recensione perché, se non lo avete ancora fatto, voglio che possiate godervi la lettura al massimo. Ogni parola sembrava svelare troppo e la Douglas è bravissima con i colpi di scena e nel non far capire dove arriverà nella pagina successiva. E vi garantisco che sarà una sorpresa dopo l'altra. I POV sono alternati e la narrazione è in prima persona, il tutto per favorire una totale immersione nella storia. Il romanzo è uno stand alone, quindi indipendente da tutti gli altri suoi lavori, ma c'è una bella sorpresa: ricordate la Thunder Bay di Corrupt (Il mio sbaglio più grande)? Ecco, Misha viene da lì ed ha un legame con uno dei Cavalieri... Cavalieri che ci regaleranno anche un divertente cameo. Infine, prima di lasciarvi, devo esprimere il mio rammarico per titolo e cover. Ho già fatto notare che i nostri siano decisamente fuorvianti, ma voglio soprattutto sottolineare quanto quelli originali siano invece perfetti per rappresentare a colpo d'occhio il romanzo. Peccato.

Al prossimo libro!
Veronica

2 commenti:

  1. Come sai, concordo anche io sul fattore titolo originale e cover ... Resto sempre un po' perplessa sulle scelte. Concordo anche sulla tua analisi e come sempre riesci a cogliere le frasi più significative: quanto è bello il concetto di tribù? perfetto <3

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    1. Vero, il concetto di tribù è bellissimo! Così come ho amato l'uso delle parole in tutto il romanzo! Tutti questi piccoli dettagli hanno davvero fatto la differenza <3

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